Pedagogia infermieristica – Appunti per il Corso di laurea infermieristica

Pedagogia Infermieristica come NUOVA PRATICA ASSISTENZIALE.

All-focus

La pratica assistenziale è da tempo rinnovata richiedendo tecniche specifiche, doti comunicative, relazionali, educative che influenzano e condizionano l’esito dell’intervento. Questo orientamento è rafforzato dai codici deontologici, dai regolamenti e normative ma anche dai resoconti dei professionisti delle professioni mediche e di tutti coloro che hanno ricevuto cure sanitarie.

Da alcune narrazioni di assistiti e familiari emerge che tra gli elementi maggiormente rilevanti si collocano il clima emotivo, la relazione e l’atteggiamento dei sanitari. Un altro caso esemplare- è quello degli studenti di infermieristica (per il 39% la dimensione prioritaria è quella relazionale, seguono quelle comunicative e educative e solo per ultima quella puramente tecnica).

La natura interpersonale delle cure sanitarie è confermata da una presa di coscienza generale e da mutamenti nelle norme e dei codici deontologici, che suggeriscono l’esigenza di atteggiamenti di rispetto e di comprensione nei confronti dell’altro. In ambito infermieristico viene superato il tecnicismo a favore della metafora educativa, relazionale e comunicativa, ne è una prova l’abbandono del mansionario a favore del codice etico, con il quale si afferma la necessità di interventi basati su conoscenze tecniche, dialoghi, comportamenti e insegnamenti per esiti soddisfacenti. L’infermiere mosso dal mandato aspira a migliorare l’esistenza e a promuovere il benessere dell’individuo.

In passato la pratica sanitaria era rinchiusa in stereotipi del tipo infermiera che accudisce, coccola e rimprovera come una mamma, esecutore di istruzioni demandate dai medici o tecnico soccorritore. Per dare rilevanza e la giusta dignità alla professione infermieristica è necessario formalizzare le tecniche di comunicazione, relazione e educazione da attuare con gli assistiti abbandonando la vecchia concezione che sia sufficiente il buon senso personale.

CURA INFERMIERISTICA = OCCASIONE DI INCONTRO

È importante sottolineare che in ogni atto l’infermiere comunica con l’assistito, infatti ogni gesto, attività, informazione, silenzio comunicano qualcosa. La pratica assistenziali è da sempre caratterizzata da una qualche forma di comunicazione, educazione e relazione, in quanto sviluppata intorno al concetto di fecondità e maternità che sottolinea il bisogno dell’essere umano di essere accudito, e di sentire vicino a sé qualcuno nel momento del bisogno. Le attività di cura inserite in questo contesto possono essere suddivisi in due ambiti:

  1. assistenza → fatti e azioni

  2. assistenza → affettività.

Le modalità con cui si mette in atto la cura di sé e degli altri trova le proprie basi su modelli appresi dai propri curatori, attraverso le proprie cure una madre insegna ai figli a prendersi cura di sé e degli altri.

La dimensione educativa si attiva nel momento in cui a fronte di un evento, trauma o malattia, il soggetto ha la necessità di modificare il proprio stile di vita. Per aiutare l’assistito a gestire la nuova situazione di crisi l’infermiere devo considerare diverse variabili. La realizzazione di questo obiettivo si compie con la vicinanza dell’infermiere all’assistito, in modo che questo possa accettare e integrarsi alla situazione e quali strategie siano più efficaci.

Fatti che oltrepassano la dimensione corporea: hanno scopo relazionale. In tutti i casi nei quali le cure primarie all’interno della relazione fondamentale assistente-assistito diventa occasione di incontro si innescano stati d’animo positivo accompagnati da un senso di protezione, piacere e benessere nell’assistito, inoltre questo processo si accompagna al senso di appartenenza e riconoscimento, che conduce l’assistito verso la riappropriazione dello status di persona permettendo di continuare a vivere.

Grazie al riconoscimento dell’identità e della dignità personale l’assistito si trova nella condizione di manifestare liberamente il proprio sé e la propria personalità anche se si trova all’interno del setting di cura. Risulta coinvolta la dimensione esistenziale della persona assistita.

Il paradigma educativo-relazionale vede l’infermiere accogliere l’assistito. L’infermiere in tale sistema non deve compiere azioni particolari ma deve procedere con il suo lavoro di assistenza, ossia stare acconto, accogliere i vissuti, le emozioni, gli affetti e i comportamenti prima ancora di ricorrere all’attuazione di tecniche particolari.

Alla luce di quanto detto l’assistenza risulta rientrare nella metafora dell’incontro tra due mondi: quello di chi assiste e quello di chi è assistito.

DIMENSIONI RELAZIONALE, COMUNICATIVA E EDUCATIVA

Anni ’50 → infermiera = addetta alla cura, alla medicazione e coadiuvante del lavoro dei medici

1994 → nuovo profilo professionale con il DL 739: l’assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa, riabilitativa è di natura tecnica, relazionale e educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione sanitaria. Includendo nell’assistenza anche la pedagogia.

1996 → DM 24 luglio introduzione nel corso di laurea di materie umanistiche fondamentali.

1996 → Patto infermiere-cittadino: promesse di presentarsi, farsi riconoscere, dare risposte chiare, fornire info utili, favorire la persona nel mantenere relazioni sociali e familiari rispettandone tempi e abitudini. Attività che richiamano la relazione e l’aspetto educativo infatti l’infermiere si impegna a:

  • insegnare

  • garantire competenza e abilità

  • rispettare

  • ascoltare

  • stare vicino

    1999 → Codice deontologico emanato da IPASVI sottolinea l’importanza della relazione, dell’educazione e della comunicazione nella pratica professionale dell’infermiere

Anni 2000 → infermiere = competenze e responsabilità tecniche, comunicative, relazionali, educative

2001 → introduzione nei corsi di laurea per infermieri delle materie umanistiche e psicopedagogiche in modo da rendere gli infermieri in grado di pianificare e svolgere interventi psicopedagogici e educativi complessi.

L’assistenza infermieristica è costituita da fenomeni relazionali, educativi, comunicativi e tecnici. Questi elementi si evidenziano in ogni contesto dell’infermieristica:

  • preventiva

  • palliativa

  • curativa

  • riabilitativa

  • preventiva.

Funzioni principali:

  • prevenzione

  • assistenza

  • educazione

CULTURA DELLE ATTIVITA’ EDUCATIVE, COMUNICATIVE E RELAZIONALI

Infermiere = responsabile dell’assistenza. La legge 42/99 elenca le responsabilità dell’infermiere e delle professioni sanitarie, abroga il mansionario, le responsabilità vengono sancite dal profilo professionale, dal corso di studi, dalla formazione post-laurea e dal codice deontologico. In questo contesto l’infermiere è responsabile in prima persona del suo operato. L’infermiere deve rendere conto delle proprie competenze e lacune. Il codice afferma che la prima responsabilità è quella di curare, prendersi cura della persona rispettando la dignità e la libertà. È responsabilità dell’infermiere anche l’aspetto tecnico, educativo, comunicativo e relazionale di cui è penalmente e civilmente responsabile.

Va sottolineato che qualsiasi intervento infermieristico va considerato irreversibile, cioè non si possono ripristinare le condizioni di partenza. Emerge quindi l’importanza di considerare gli atti comunicativi, educativi e relazionali non un fatto di cortesia ma un atto professionale; questo implica una valutazione di ogni atto professionale e nell’eventualità la messa in atto di comportamenti compensatori.

PRESUPPOSTI PROFESSIONALITA’ COMPETENTE

Competenza richiama i concetti di competere (chiedere e dirigersi), conoscere, pertinente, capacità della persona di gestire le situazioni.

La competenza professionale è stata per lungo tempo individuata come capacità tecnica di compiere gesti specifici, cioè SAPER FARE. Dagli anni ’80 la definizione comprende anche le DISPOSIZIONI PERSONALI. Dagli anni ’90 si fa riferimento alla piramide di Quaglino.

CONOSCENZE Insieme del sapere specifico appreso nel corso di studi e nello svolgimento dei tirocini e delle attività

CAPACITA’ Insieme delle abilità che permetto la presa in carico totale dell’assistito

QUALITA’ Insieme delle doti e predisposizioni personali del singolo come la personalità

La piramide comprende quindi fattori esterni legati alla professione, fattori socio-organizzativi e interni all’infermiere.

Alla luce della complessità della definizione di competenza professionale per meglio descrivere la componente pedagogica è necessario fare riferimento alla classificazione di Guilbert che scompone la competenza professionale dell’infermiere in 3 campi:

  1. competenze intellettuali: simili alla conoscenza di Quaglino

  2. competenze gestuali: simili alla capacità di Quaglino

  3. competenze di comunicazione interpersonale: simili alla qualità di Quaglino

È importante non estremizzare l’influenza che psicologia e pedagogia hanno sulla pratica assistenziale ma è necessario definire quali funzioni spettano all’infermiere in questo ambito facendo riferimento al DM739/94.

Le competenze comunicativo-relazionali rispetto a quelle tecniche chiamano in causa aspetti personali del professionista ed esigono una maggiore flessibilità non potendo ricorrere a strumenti standardizzati. Per fare questo l’infermiere deve riflettere sulle proprie competenze relazionali-comunicative-educative valutando anche le proprie caratteristiche personali, quali:

  • l’immagine di sé: modo di vedersi in una specifica situazione

  • valori: schemi di senso cioè atteggiamenti, aspettative e concezioni

  • motivazioni: valutazioni che consentono di mantenere o modificare le proprie azioni.

    Data l’importanza di questi ultimi fattori l’infermiere deve definire bene e con precisione i proprie orizzonti di senso, cioè valori, motivazioni e progetti in modo da anticipare le proprie azioni e interazioni professionali. Inoltre deve esplorare i propri fattori personali inclusi nella pratica professionale come la propria immagine, le emozioni, i valori, la motivazione nello svolgere i propri compiti.

CONCEZIONE MAIEUTICA

L’assistenza infermieristica deve essere olistica e favorire il concetto di cura integrato e integrale, considerando la sfera esistenziale. L’assistenza integrale tende a sostenere fisicamente, cognitivamente ed emozionalmente la persona. Si deve recuperare la storicità dell’individuo recuperando l’individualità e l’irripetibilità del soggetto assistito. Si richiede all’infermiere di incontrare in modo autentico ogni assistito, utilizzando parole, atteggiamenti e silenzi che lo facciano sentire accolto e riconosciuto come essere umano capace esercitare le proprie competenze anche nel momento di necessità di assistenza.

Recuperare la dimensione maieutica della professione infermieristica significa riconoscere il ruolo centrale alle competenze educativo-formative, questo richiede oltre l’accoglienza dell’assistito l’accettazione da parte dell’infermiere delle debolezze e delle fatiche di chi vive una situazione di sofferenza.

Per concludere è fondamentale ricordare che favorire la coscienza sullo stato di salute, promuovere l’adesione al trattamento, sostenere il processo di integrazione e riorganizzazione della vita alla luce dei nuovi limiti sono compiti dell’infermiere che richiedono competenze pedagogiche.

Per queste ragioni si richiede un percorso formativo che potenzi tutte queste capacità in modo che l’infermiere sia in grado di immergersi negli ambiti della propria professione.

 FORMAZIONE E PRATICA

CONFRONTO TRA PEDAGOGIA E INFERMIERISTICA

Per una reale umanizzazione della pratica assistenziale è necessario ricorrere a concetti della pedagogia.

  • Hanno alcuni aspetti comuni:

  • nascono per aiutare l’uomo a migliorare la propria vita

  • partono dalla ricerca di soluzioni a problemi pratici e poi studiano modelli teorici

  • originano da precise istanze

  • hanno rapporti con la filosofia e la teologia

  • sono influenzate dalla politica, dalla cultura e da aspetti etici. Esempio dell’infanzia e della malattia del medioevo

  • vengono riconosciute come discipline a partire dalla metà del xix secolo come saperi autonomi

  • si sviluppano come scienza pratica per sintetizzare e organizzare i saperi, rispettivamente, in ambito educativo e assistenziale

  • partono dalla pratica per arrivare a definire teorie e metodi con un approccio induttivo. L’infermieristica arriva a definire il processo di assistenza infermieristica, mentre la pedagogia il metodo didattico e altri in riferimento al contesto a cui si riferisce

  • con la definizione di concetti, regole, teorie entrambe sono state riconosciute come discipline caratterizzate da oggetti di studio, scopi, metodi specifici

  • partono entrambe dal presente per sviluppare nel futuro svolgendo lo sguardo al passato

  • partendo dai concetti di Bartolini entrambe possono essere definite come scienze:

        • rigorose, cioè fondate sul metodo sperimentale

        • empiriche, cioè partono dalla ricerca di soluzioni a problematiche reali

        • pratiche, cioè partono dalla situazione attuale per influire sulla condizione futura

        • fondate sulla relazione in quanto vede l’incontro tra soggetti

        • autonome, cioè non condizionate da altre discipline con cui comunque rimango in comunicazione

  • Hanno delle differenze:

  • scopi. Pedagogia: costruzione percorso formativo, lontano nel tempo e non individuabile con precisione. Infermieristica: costruzione di un percorso assistenziale con obiettivi vicini e individuabili

  • la pedagogia parte dalle potenzialità di sviluppo, l’infermieristica parte dalla situazione attuale per creare benessere

  • dato il loro oggetto di studio entrambe ambisco ad appartenere alle scienze umane ma mentre per la pedagogia questo è accettato diffusamente per l’infermieristica è ancora un punto critico. Secondo Motta questa classificazione non è possibile nell’attuale contesto sanitario ma è auspicabile la definizione di una nuova categoria, ossia scienze dell’uomo per l’uomo tra cui includere anche la pedagogia. Con questa nuova classificazione pedagogia e infermieristica mettono i propri valori sullo stesso piano favorendo la comunicazione reciproca ogni volta che la situazione lo richiede, cioè in contesti educativo-assistenziali.

PEDAGOGIA NELLA PRATICA E NELLA TEORIA INFERMIERISTICA

L’infermieristica ha da sempre mostrato la necessità di comunicare con le altre discipline, attingendo saperi, riflessioni, metodi necessari per compiere al meglio il proprio compito all’interno dei contesti di cura. L’incontro-confronto tra infermieristica e pedagogia è consolidato ed evidente nei gesti, pensieri e relazioni degli infermieri (esempio questionario somministrato agli allievi infermieri.

I contributi della pedagogia riguardano soprattutto sensi, principi e modalità. La pedagogia sostiene l’infermieristica in ambiti specifici:

    • educazione alla salute

    • formazione sanitaria

    • gestione delle relazioni interpersonali.

SAPERE SCIENTIFICO E CENTRALITA’ DELLA MALATTIA

La salute è un fenomeno potenziale, collettivo desiderato dall’uomo. È ricercata da saperi e pratiche che possono aiutare l’uomo a fronteggiare gli eventi della malattia e delle condizioni di malessere. Con il desiderio di rispondere ai molti quesiti sulla malattia i saperi e le discipline sono state racchiuse in compartimenti ma con la pedagogia e l’infermieristica e altre discipline simili si è superata la chiusura a favore dell’apertura e del dialogo interdisciplinare.

La medicina, tra il xvii e il xix secolo, passa dalla prassi domiciliare e informale alla realizzazione di contesti di cura strutturati e organizzati. La sanità passa, quindi, dall’essere un fatto privato ad assumere rilevanza pubblica. Si passa, inoltre, da un concetto di salute come diritto-dovere ad uno che la vede come bene primario dell’uomo. Nascono e si diffondo le strutture ospedaliere, nosocomi. Si assiste al diffondersi degli studi e delle osservazioni dei segni e sintomi per descrivere le malattie in modo da identificarne i potenziali strumenti di cura. Il medico in quest’ottica è formato per l’identificazione e la cura della malattia ma non per l’incontro con il malato. In questo contesto le cure sono deumanizzate e depersonalizzate. La malattia veniva vissuta in solitudine e svuotata di ogni compassione, arrivando a considerare il malato come un corpo.

Nell’800 diverse scoperte migliorano la pratica ma anche la vita del malato. Si assiste anche al trionfalismo del medico e alla nascita di specializzazioni mediche. Illich, 1970, si oppone a questa visione denunciando la iatrogenesi indotta e accettata dei medici, cioè le conseguenze negative dei farmaci e dei sistemi di cura. L’autore innesca un processo di cambiamento grazie alla sensibilizzazione verso il fenomeno del paradosso della cura, cioè gli effetti negativi indotti da farmaci e prassi medica.

RECUPERO DELLA SOGGETTIVITA’

Husserl promuove il pensiero fenomenologico, ossia centrato sui fenomeni concreti dotati anche di essenza, cioè di significato. La fenomenologia applicata alla cura permette di indagare i sintomi, in quanto tali, ma anche della loro essenza, cioè del significato e del vissuto che ne deriva sulla vita del soggetto. Nell’interpretazione della fenomenologia oggetto e soggetto sono in perenne correlazione riconoscendo al soggetto la capacità di attribuire molteplici sensi di ciò che viene dall’esterno. Il mondo esterno viene concepito come oggettiva ma anche come mondo visto dal soggetto. Sulla base dei concetti esposti dalla fenomenologia il soggetto diventa il protagonista della prassi medica, quindi l’infermiere nella sua pratica quotidiana deve sempre tenere in considerazione che ogni gesto, strumento e procedura oltre ad avere un significato oggettivo ne hanno anche molteplici soggettivi derivanti dall’infermiere stesso e dall’assistito.

DIMENSIONE ESISTENZIALE DEL CORPO: DA CORPO OSSERVATO A CORPO ASCOLTATO E VISSUTO

Usando la metafora dell’ospedale come teatro assistiamo alla messa in atto di corpi come attori di ruoli specifici:

  • corpo osservato: corpo oggettivo che comprende le sue forme e leggi, privato di affetti e emozioni. Il corpo diventa oggetto sano o malato

  • corpo ascoltato: corpo ricco di significati e storie. La salute è individuata nel silenzio, quindi se il corpo soffre, secondo questa visione, parla. Il corpo in malattia si trasforma e deforma, quindi va incontro a metamorfosi. In questo contesto si instaura un incontro tra infermiere e assistito in modo da permettere all’assistito di imparare a vivere il suo nuovo corpo

  • corpo vissuto: corpo vivente. Husserl concepisce il corpo secondo due punti di vista:

  • korper: corpo fisico e anatomico. Secondo la fenomenologia rappresenta la dimensione oggettiva in cui vengono racchiusi leggi e forme.

  • corpo di lieb: esperienza cosciente del proprio corpo, corpo vissuto. Dimensione soggettiva e percepita.

    La corporeità è la parte fondamentale del processo esistenziale, infatti il corpo permette all’uomo di vivere il mondo ma è anche attraverso il corpo che comunica con esso, ne deriva l’assioma che il corpo è il luogo entro cui si esprime l’esistenza umana. Il corpo diventa il mezzo fondamentale di comunicazione e relazione tra infermiere ed assistito in modo da avviare un percorso di costruzione del senso della realtà.

SAPERE INTERDISCIPLINARE

Secondo la fenomenologia ogni fatto può essere interpretato in diversi modi sulla base del punto di vista, in quanto i criteri di analisi e comprensione di ognuno e la relazione con l’oggetto definiscono la conoscenza dell’oggetto. La conferma di questo assunto è che diversi soggetti interpretano in modo diverso uno stesso oggetto, ancora più evidente risulta nel caso di analisi della realtà e della conoscenza dell’uomo.

Per queste ragioni lo studio e la conoscenza dell’uomo non si deve basare su singoli ambiti di indagine in quanto nessuna scienza può spiegare in modo completo tutti gli aspetti in gioco.

Ogni disciplina fornisce una propria chiave di lettura e di attribuzione di senso alla realtà.

Bartolini sottolinea che nessun oggetto o concetto della realtà può cadere in un solo ambito disciplinare, ne deriva che ogni disciplina estrae qualche aspetto della realtà tralasciandone altri. È possibile utilizzare questa prospettiva, nata per spiegare il processo educativo, anche per l’infermieristica.

Alla luce di quanto detto sulla specificità degli ambiti, l’assistenza infermieristica può essere considerata come insieme di aspetti educativi, assistenziali, psicologici, etici, antropologico, culturale, pedagogico, giuridico, economico, politico, storico e quindi spiegata e interpretata da queste discipline ma rendendo l’interpretazione limitata. Solo la scienza infermieristica può cogliere a pieno le sfumature dell’assistenza, ma solo comunicando apertamente con le altre scienze. Per tutti questi motivi si auspica un dialogo aperto tra le diverse discipline pur mantenendone le rispettive autonomie. L’interdisciplinarità che ne deriva porta a concepire l’infermieristica come una scienza al plurale, cioè spostando la centricità delle singola disciplina al dialogo interdisciplinare. Per meglio capire il pensiero plurale si può ricorrere alla metafora del puzzle dinamico, dotato di senso le cui immagini sono il risultato dell’incastro di diversi tasselli che rifletto la complessità assistenziale.

SAPER SAPERE: PEDAGOGIA E FORMAZIONE SANITARIA

La pedagogia e l’infermieristica si sono sviluppate sulla volontà di aiutare l’uomo nella sua esistenza. La pedagogia ha contribuito all’infermieristica anche in campo della formazione sanitaria, dell’educazione alla salute e alla relazione interpersonale. Il raggiungimento del pensiero al plurale è possibile solo se si supera la dicotomia dei saperi pratici – teorici, con l’acquisizione di saperi integrati che aiutino l’infermiere a sostenere la persona in ogni momento della cura.

Lo scopo della pedagogia in infermieristica, dal punto di vista formativo, è quello di creare professionalità competenti, rafforzando i curricula, definendo le attività didattiche, facilitando la trasmissione e l’acquisizione di conoscenze. La formazione richiama il concetto di forma, ossia modellare le conoscenze e gli individui; può far riferimento a conoscenze tecniche specifiche. La formazione sanitaria rappresenta un impegno responsabile da parte di tutte le istituzioni coinvolte, e che sia in grado di sviluppare le competenze tecniche.

Tra gli aspetti principali della formazione sanitaria, e quindi tra le competenze richieste al personale sanitario, secondo le teorie di Bartolini ritroviamo:

  1. il sapere: concetti, teorie e contenuti tecnicismo

  2. il saper fare: applicazione delle conoscenze teoriche in atti e gestionali

  3. il saper essere: capacità di riconoscersi nel ruolo ricoperto.

  4. il saper sapere: abilità di integrare le conoscenze possedute e di applicarle a situazioni concrete, oltre alla propensione all’aggiornamento delle proprie conoscenze

Il pensiero del possibile permette di ampliare la cultura infermieristica, favorendo innovazioni e aumentando la qualità totale della prassi assistenziale. In quest’ottica la formazione sanitaria deve essere centrata sugli studenti e sulle loro potenzialità. Deve essere considerata non solo divulgazione di saperi ma spinta al superamento di essi e allo sviluppo di nuove conoscenze. All’infermiere, in definitiva, è chiesto di:

  • apprendere dalle esperienze

  • comunicare il pensiero, ossia le proprie impressioni e il proprio vissuto

  • far sapere, cioè trasmettere il sapere ad altri attraverso atti di educazione. L’obiettivo del far sapere è proprio quello di facilitare gli apprendimenti.

ELEMENTI DI PEDAGOGIA GENERALE: COMPETENZE EDUCATIVE IN INFERMIERISTICA

PREFAZIONE AL DISCORSO PEDAGOGICO

Fino a poco tempo fa la pedagogia, l’antropologia, la psicologia e la sociologia si chiedevano quanto del comportamento umano fosse innato e quanto dovuto alla cultura. In psicologia si contrasto tra

  • innativisti: comportamento=geneticamento determinato

  • ambientalisti: comportamento=culturalmente determinato.

Attualmente è chiaro che genetica e cultura collaborano nella definizione e determinazione del comportamento. Siegel dimostra che esperienze precoci plasmano e modificano le strutture nervose e che tempi di deprivazione determinano la, morte cellulare, potatura delle strutture non utilizzate, in definitiva afferma che lo sviluppo del cervello e delle strutture nervose sia un processo esperienza dipendente.

In pedagogia nasce la questione del limite di educabilità. In passato si considerava efficace solo un intervento educativo in età precoce, dal bambino senza forma culturale al giovane formato, considerando l’educazione nell’adulto un atto inutile. Con il xx secolo e la psicologia e la pedagogia evolutiva si sono sviluppati nuovi orientamenti che vedono l’educazione un processo fondamentale in tutto l’arco della vita. Secondo la psicologia evolutiva lo sviluppo avviene in modo non omogeneo nelle aree caratteristiche dell’uomo, ciò vuol dire che il soggetto può mostrare un grado di sviluppo in un’area e uno inferiore o superiore in altre. Lo sviluppo all’interno dell’area procede in modo gerarchico, da un livello inferiore a quello superiore grazie a nuove acquisizioni, capacità ed esperienze. In conclusione la vita procede attraverso compiti evolutivi da risolvere e che la maturità è data dalla relazione tra soggetto e situazione e dalla capacità di giungere alla risoluzione dei compiti, quindi maturità diverso da superamento dello stato infantile ma il percorso continua per tutta la vita. Secondo Batacchi e Giovannelli si è sempre bambini e che la maturità consiste nella capacità di confrontarsi con la propria parte infantile. L’educazione ha lo scopo di sostenere l’uomo nella scoperta del proprio vero sé, parte interiore.

PEDAGOGIA E EDUCAZIONE NELLA STORIA DELL’UOMO

Origine del termine pedagogia: condurre il bambino, oggi definisce la scienza che studia le situazioni educative lungo il corso dell’esistenza umana, che secondo Bartolini richiede una costante crescita e lo sviluppo realizzabile attraverso l’educazione. La pratica educativa caratterizza l’uomo fino dalle origini attraverso la trasmissione di norme, principi, comportamenti e saperi per giungere a condotte socialmente condivise.

Evoluzione dell’educazione nella storia:

  1. società militaresche: educazione = addestramento

  2. società greca: educazione = pratica della libertà. Addestramento + relazione educatore/educando.

    1. VII-VI secolo → Primi sette anni educazione da parte della famiglia poi da parte dello Stato nella veste del pedonomo

    2. V-IV secolo → vivacizzazione della vita della polis con diffusione della paideia collettiva. Nascita dei ginnasi e scuole a pagamento dove insegnavano:

                    1. didascalo – maestro

                    2. citarista – musicista

                    3. pedotriba – allenatore.

Nello stesso periodo è presente una figura detta pedagogo, che proteggeva e accompagnava i fanciulli da casa propria a casa del maestro, ma avendo un’elevata cultura con il tempo ha preso il posto del maestro e da quel momento il pedagogo ha sempre cercato nuovi strumenti di insegnamento. È proprio da questa figura storica che deriva la metafora pedagogica dell’accompagnare. Seguendo questa ispirazione e metafora Tarozzi distingue:

  • andare verso/condurre=esistenza di una metafora

  • accompagnare=stare vicino/relazionarsi/prendersi cura

  1. educazione nel mondo latino → interventi diretti a formulare la personalità dei soggetti. Educare in questo contesto significa portare fuori. Nell’impero romano l’educazione coincide con l’istruzione ed è riservata alla aristocrazia e scompare il termine educazione a favore del concetto di allevamento, da cui allievo.

  2. Oggi → educare = processo di formazione + trasmissione di valori + istruzione

Va sottolineata la complessità del processo educativo che comprende al suo interno aspetti sociali e individuali.

Pubblicato da Dott.sa Fabiola M. Comotti

Sono la dottoressa Fabiola M. Comotti, ho conseguito la laurea magistrale in Psicologia Clinica nel febbraio del 2013. Ho conseguito l'abilitazione nel febbraio del 2016 presso l'Ateneo di Firenze. Sono iscritta all'Albo degli Psicologi della regione Emilia-Romagna con codice 8606. Mi occupo di counseling psicologico basato sulle emozioni, di training per teamworks e di ecoterapia.