COME AIUTARE I BAMBINI A RICONOSCERE, CAPIRE, GESTIRE E MANIFESTARE LE PROPRIE E ALTRUI EMOZIONI

Educare alle emozioni

La più grande sfida dei genitori è quella di trasmettere alla nuova generazione la capacità di gestire l’emotività. In questo modo si pongono le basi per una socialità e uno sviluppo affettivo equilibrato.

Questo fondamentale compito spetta a genitori, nonni, adulti di riferimento. Proprio loro possono far uscire i bambini dall’ombra dell’analfabetismo emotivo, considerato un elemento di diversi comportamenti nocivi e dannosi. L’abitudine a trasmettere feedback emotivi deve iniziare fino dai primi istanti di vita e dovrebbe proseguire per tutta l’età evolutiva.

Molti genitori sono consapevoli di questo ma spesso non hanno gli strumenti per metterli in pratica.

Gli elementi fondamentali di una buona educazione alle emozioni sono:

  • l’ascolto che ricopre una posizione privilegiata perché consente di comprendere lo stato emotivo del bambino accettandone la sregolatezza;
  • la capacità di fare chiarezza e ordine avendo un atteggiamento autorevole, assertivo ma allo stesso tempo affettuoso e comprensivo;

La capacità di autocontrollo,  riconoscimento e gestione delle proprie emozioni aiuta i bambini nell’autoregolazione.

prime fasi di sviluppo delle emozioni

Alla nascita ogni bambino e bambina è dotato di un corredo emotivo innato: che consente l’espressione delle emozioni primarie, come la paura o il disgusto che sono fondamentali per la sopravvivenza.

Queste emozioni si manifestano in modo automatico e incontrollato. A questo punto risulta chiaro che l’educazione alle emozioni dovrebbe cominciare già dal primo giorno di vita. Alcune ricerche hanno dimostrato che il modo in cui la mamma interagisce con il suo bambino a partire dalla vita intrauterina lascia un segno significativo sul cervello emotivo del bambino e ne predispone la competenza emotiva.

A partire dai primi mesi di vita la relazione tra neonato e figure di riferimento costruisce le fondamenta della competenza emotiva. Genitori tranquilli, positivi, capaci di rispondere al pianto del bambino in tempi e modalità adeguati a riportare uno stato di calma.

Qual è l’età giusta per iniziare ad educare alle emozioni?

Una fase cruciale per l’educazione emotiva del bambino si evidenzia nel periodo intorno ai due anni quando incomincia la fase di autodeterminazione e caratterizzato dai “no”, gli anglosassoni definiscono questo periodo i “terribili due”. In questo periodo la competenza emotiva può essere conquistata dal bambino grazie a genitori autorevoli, tranquilli, sicuri e soprattutto a loro volta ben regolati.

Nel periodo della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, il bambino, grazie alla mediazione dell’adulto, può imparare a riconoscere, discriminare e condividere i propri stati emotivi, nominandoli uno per uno e differenziandoli.

Nella preadolescenza il cervello emotivo del ragazzo prende il sopravvento e a volte si manifesta con crisi esplosive cambiamenti repentini di direzione. È fondamentale per l’adulto conoscere il funzionamento e le tecniche del processo educativo in modo da mettere in atto azioni coerenti, consapevoli, efficaci e finalizzate al sostegno emotivo.

Ruolo e compiti dei genitori nell’educazione all’emotività 

I genitori hanno il compito di comprendere gli stati emotivi del bambino immergendosi nel marasma di emozioni che contraddistinguono i piccoli e i giovanissimi. Il bambino e il ragazzo hanno l’aspettativa che il proprio stato emotivo venga capito e regolato dagli adulti di riferimento.

Rispondere in modo adeguato, con coinvolgimento e accettazione, fornendo spiegazioni favorisce la corretta strutturazione delle competenze emotive.

Ogni genitore potrebbe essere aiutato a gestire in modo adeguato ogni schema di interazione emotiva con il proprio bambino. Quando il bambino piange o manifesta un capriccio, lo fa per esprimere un disagio. In questi casi è compito dell’adulto stare al suo fianco per contenere e ridurre il disagio.

In linea generale l’adulto dovrebbe speculare. Nel caso di tristezza si dovrebbe rassicurare, in caso di rabbia si dovrebbe contenere con assertività e calma. In caso di emozioni positive, il genitore dovrebbe condividerle senza sminuirle, perché un’emozione positiva è tale solo se è condivisa.

Relazione genitori-figli

Spesso capita che il bambino non trova nei genitori la capacità regolatrice di cui necessita. Tutti i bambini manifestano capricci. Spesso i genitori rispondono con emozioni negative come rabbia o frustrazione invece di mostrare calma e accettazione.

Un piccolo trucchetto per la gestione del capriccio è quello di ignorare il comportamento esplosivo. Basta rimanere  in ascolto e disponibili al dialogo,prestando attenzione al bambino ignorando il capriccio. Questo porta il bambino a sviluppare l’autoregolazione delle manifestazioni emotive.

esempi di manifestazioni emotive infantili

Un altro esempio di manifestazione emotiva infantile, a cui spesso si risponde in modo non efficace, è la paura. I bambini a volte hanno paura di situazioni innocue, se viste dagli occhi dell’adulto e questo porta il genitore a rispondere con atteggiamenti umilianti e svalutativi. Affermazioni come: “non fare la femminuccia”, “smettila con tutte queste scene non hai mica due anni”,  creano nel bambino sensazioni di inadeguatezza.

La paura del bambino spesso porta il genitore a farlo sentire inadeguato. Dire ad un bambino “Sei un maschio e i maschi non hanno paura di nulla” significa farlo sentire sbagliato. Lo stesso può valere per tutte le emozioni che culturalmente definiamo negative che vengono represse e soffocate. Purtroppo questa tendenza a considerare accettabili le emozioni di segno positivo e non accettabili quelle di segno negativo impedisce un corretto sviluppo dell’espressività emotiva.

È fondamentale tener sempre presente che qualunque emozione va bene, quello che va indirizzato è il modo con cui tutte le emozioni vengono espresse.

Ciclo di regolazione emotiva

 Ad ogni emozione manifestata dal bambino l’adulto dovrebbe attivare il ciclo di regolazione emotiva. Tale ciclo si sviluppa in sei tappe:

1. attivazione dello stato emotivo nel bambino;

2. comunicazione dello stato emotivo da parte del bambino con modalità non verbali o verbali;

3. riconoscimento dello stato emotivo del bambino da parte dell’adulto;

4. attivazione di una risposta basata su gesti e parole che soddisfino il bisogno emotivo espresso dal bambino;

5. sperimentazione del bambino di un modello alternativo e risolutivo delle manifestazioni emozionali;

6. acquisizione da parte del bambino di un’esperienza di risoluzione efficace con appagamento e soddisfazione.

Pubblicato da Dott.sa Fabiola M. Comotti

Sono la dottoressa Fabiola M. Comotti, ho conseguito la laurea magistrale in Psicologia Clinica nel febbraio del 2013. Ho conseguito l'abilitazione nel febbraio del 2016 presso l'Ateneo di Firenze. Sono iscritta all'Albo degli Psicologi della regione Emilia-Romagna con codice 8606. Mi occupo di counseling psicologico basato sulle emozioni, di training per teamworks e di ecoterapia.